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Gioielleria

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I gioielli costituiscono parte essenziale del vestiario popolare; la loro presenza connota l'abbigliamento festivo e cerimoniale e la loro assenza quello giornaliero.

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Bottoni
Nell'abbigliamento tradizionale sardo il bottone aveva diverse funzioni: in coppia chiudeva il collo della camicia; a volte era utilizzato per chiudere i polsi della camicia, mentre, fatto passare attraverso asole, chiud...
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Orecchini
Che in Sardegna l'orecchino fosse nel passato gioiello di larghissima diffusione è ampiamente documentato oltre che dalla raccolte di ex voto anche dai documenti d'archivio a partire dal Seicento. La tipologia è assai va...
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Collane
In Sardegna la collana è fra i preziosi più importanti dell'intero corredo di gioielli connesso con l'abbigliamento femminile festivo. Il tipo più diffuso è quello con vaghi infilati su cordoncino. Particolarmente freque...
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Catene
Una catena d'argento, conosciuta con il termine di "gancera", costituita da due elementi estremi e da una catenella di collegamento ad uno o due segmenti aveva il compito di chiudere alcuni indumenti del vestiario sia ma...
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Spille
La spilla è un accessorio del vestiario femminile festivo presente in gran parte dell'isola pur con diversità di forma, di tecniche di lavorazione e di modi di utilizzazione; per la maggior parte questo gioiello appare r...
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Amuleti
Gli amuleti della Sardegna rimandano a tradizioni religiose e a conoscenze mediche, agrarie, mineralogiche, naturalistiche ampiamente diffuse e tuttora parte rilevante del complesso dei saperi popolari dell'isola. L'anal...
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Abbigliamento maschile

Nell’abbigliamento tradizionale sardo la presenza del copricapo non è prerogativa esclusiva del genere femminile. Tutte le fonti iconografiche confermano la consuetudine degli uomini sardi di coprirsi la testa, spesso con più copricapo sovrapposti (p. es. nelle raffigurazioni del primo scorcio dell’Ottocento l’insieme cuffia + cappello a tesa / berretta a sacco). Nell’immaginario collettivo il copricapo maschile sardo per antonomasia è la berretta a sacco (berrita e sim.), diffusa in tutta l’Isola e comune all’ambito mediterraneo. Di forma allungata e lunghezza variabile, sa berrita è realizzata in orbace, panno o maglia di lana nei colori nero, marrone o rosso. Il modo di indossarla, facendola ricadere sulla spalla o disponendola secondo varie soluzioni sul capo, corrispondeva, tradizionalmente, all’appartenenza a determinate località, categorie sociali o di mestiere. I macellai cagliaritani, per esempio, erano soliti indossarla di colore rosso e ripiegata in due o più cerchi concentrici sulla sommità del capo. L’iconografia del primo Ottocento testimonia l’utilizzo di copricapo rigidi (fez e berretti a tamburello) dalla forma troncoconica o troncocilindrica. Tipico soprattutto del Cagliaritano e dell’Iglesiente è l’uso del fazzoletto quale elemento accessorio della berrita: sovrapposto ad essa, disposto a triangolo e legato sotto il mento; oppure, una volta calzata sa berrita, avvolto, lungo il bordo di essa, attorno al capo. Non mancano i cappelli a tesa, ancora in uso a Teulada nella prima metà del Novecento. Sopra la camicia, con ricami e arricciature nei modelli d’uso festivo, sono spesso presenti corpetti e gilet di varie realizzazioni quanto a tessuti e soluzioni sartoriali. Fra i capispalla si annoverano giubbetti, giacchette cappotti lunghi e cappottini. A Cagliari e nella Sardegna meridionale il cappotto detto serenicu fu importato nei primi decenni dell’Ottocento da cappottari greci. Usato soprattutto dai pastori era il mantello d’orbace (su sacu, su sacu ’e coberri), pesante e ben follato, composto da più teli cuciti in senso longitudinale. Sopravvesti in pelle (colletu e sim.) e pelliccia (pedhes, mastruca e sim.) hanno caratterizzato l’abbigliamento maschile sin dalla più remota antichità. Pantaloni rigorosamente bianchi, prevalentemente di tela, sono indossati sotto i caratteristici calzoni a gonnellino (più rara la tipologia a campana) d’orbace o tela di lana (ragas, cratzonis a roda e sim.) e spesso inseriti nelle ghette  o uose che avvolgono i polpacci e ricadono sulle calzature. Accessorio indispensabile dell’abbigliamento maschile sono le cinture, in pelle intarsiata e/o ricamata, talora dotate di cartuccera o acciarino metallico da usare come pietra focaia, oppure in stoffa a fusciacca, d’importazione nordafricana o levantina, in tessuti di seta operati.

Read everything Read everything Nell’abbigliamento tradizionale sardo la presenza del copricapo non è prerogativa esclusiva del genere femminile. Tutte le fonti iconografiche confermano la consuetudine degli uomini sardi di coprirsi la testa, spesso con più copricapo sovrapposti (p. es. nelle raffigurazioni del primo scorcio dell’Ottocento l’insieme cuffia + cappello a tesa / berretta a sacco). Nell’immaginario collettivo il copricapo maschile sardo per antonomasia è la berretta a sacco (berrita e sim.), diffusa in tutta l’Isola e comune all’ambito mediterraneo. Di forma allungata e lunghezza variabile, sa berrita è realizzata in orbace, panno o maglia di lana nei colori nero, marrone o rosso. Il modo di indossarla, facendola ricadere sulla spalla o disponendola secondo varie soluzioni sul capo, corrispondeva, tradizionalmente, all’appartenenza a determinate località, categorie sociali o di mestiere. I macellai cagliaritani, per esempio, erano soliti indossarla di colore rosso e ripiegata in due o più cerchi concentrici sulla sommità del capo. L’iconografia del primo Ottocento testimonia l’utilizzo di copricapo rigidi (fez e berretti a tamburello) dalla forma troncoconica o troncocilindrica. Tipico soprattutto del Cagliaritano e dell’Iglesiente è l’uso del fazzoletto quale elemento accessorio della berrita: sovrapposto ad essa, disposto a triangolo e legato sotto il mento; oppure, una volta calzata sa berrita, avvolto, lungo il bordo di essa, attorno al capo. Non mancano i cappelli a tesa, ancora in uso a Teulada nella prima metà del Novecento. Sopra la camicia, con ricami e arricciature nei modelli d’uso festivo, sono spesso presenti corpetti e gilet di varie realizzazioni quanto a tessuti e soluzioni sartoriali. Fra i capispalla si annoverano giubbetti, giacchette cappotti lunghi e cappottini. A Cagliari e nella Sardegna meridionale il cappotto detto serenicu fu importato nei primi decenni dell’Ottocento da cappottari greci. Usato soprattutto dai pastori era il mantello d’orbace (su sacu, su sacu ’e coberri), pesante e ben follato, composto da più teli cuciti in senso longitudinale. Sopravvesti in pelle (colletu e sim.) e pelliccia (pedhes, mastruca e sim.) hanno caratterizzato l’abbigliamento maschile sin dalla più remota antichità. Pantaloni rigorosamente bianchi, prevalentemente di tela, sono indossati sotto i caratteristici calzoni a gonnellino (più rara la tipologia a campana) d’orbace o tela di lana (ragas, cratzonis a roda e sim.) e spesso inseriti nelle ghette  o uose che avvolgono i polpacci e ricadono sulle calzature. Accessorio indispensabile dell’abbigliamento maschile sono le cinture, in pelle intarsiata e/o ricamata, talora dotate di cartuccera o acciarino metallico da usare come pietra focaia, oppure in stoffa a fusciacca, d’importazione nordafricana o levantina, in tessuti di seta operati.

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