In Sardegna, verosimilmente fin dall'età nuragica, intorno a nuclei ancestrali di riti e di miti, gruppi di individui si riunirono in società, accomunati da tradizioni, legati da una lingua e radunati in un'area geografica comune.
I riti furono occasione spettacolare di aggregazione sociale e i miti veicolarono, attraverso la teatralità popolare, il patrimonio di tradizioni. Di Cartagine e di Roma, insieme alle asprezze del dominio, la Sardegna conobbe anche la cultura e l'architettura. Cagliari e Nora conservano più evidenti vestigia teatrali: un anfiteatro ed un teatro, entrambi del II secolo d.C.
Dal XVI fino alla metà del XVIII secolo circa, le rappresentazioni teatrali avvenivano a Sassari nella Loggia del Palazzo Comunale; poi, dal 1829, nel Teatro Civico e, dal 1884, nel Politeama. A Cagliari esse erano allestite nel Palazzo Regio e in Piazza Palazzo; poi, dal 1750, nel Teatro dell'Università e, dal 1767, nel Teatro Zapata o Regio (Civico, dal 1831-1943); nel Nuovo Diurno/Cerruti/Politeama Regina Margherita (1859-1942). Con i palazzi del potere come fondali scenici, o come quinte prospettiche, Sassari e Cagliari divennero epicentro e fulcro di ogni manifestazione del potere costituito.
Dal punto di vista dei testi il teatro in Sardegna – stando allo stato attuale delle ricerche – iniziò nella seconda metà del XVI secolo, con le "Coplas" di Sigismondo Arquer, appartenenti alla sacra rappresentazione: un genere drammatico diffuso in Italia e in Europa e innestatosi nell'isola in un contesto popolare ricco già di un substrato di tradizioni arcaiche che si venivano scontrando e adattando con gli influssi teatrali del fastoso "siglo de oro" spagnolo, nell'ambito di una Controriforma intensamente vissuta.
Le potenze dominatrici succedutesi nell'isola non riuscirono a cancellarne la cultura che continuò ad esistere grazie alla sua straordinaria capacità di accogliere e di fare propri gli elementi più interessanti di tali civiltà: dai rituali spettacolari dei santuari nuragici fino alle arcaiche manifestazioni rituali dei "Mamuthones"; dall'agiografia teatrale ai "gosos" o "goccius" dialogici; dagli strabilianti tornei alle spettacolari processioni drammatiche; dalle sacre rappresentazioni dei drammaturghi cinque-settecenteschi Sigismondo Arquer, Giovanni Coloma, Antonio Maria da Esterzili, Giovanni Francesco Carmona, Maurizio Carrus, Salvatore Vidal, Antioco dell'Arca, Giovanni Delogu Ibba, Pietro Chessa Cappai all'icasticità pedagogica del Teatro dei Gesuiti; dal teatro dell'Ottocento con Enrico Costa, Ottone Bacaredda, Michele Uda, Giovanni Siotto Pintor, a quello del Novecento con Grazia Deledda, Oliviero Prunas, Efisio Vincenzo Melis, Antonio Garau; fino al teatro contemporaneo del Duemila con i gruppi e le cooperative teatrali che animano lo spettacolo attuale in Sardegna.
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