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La Sardegna ha una straordinaria concentrazione di monumenti archeologici e storico-artistici, distribuiti in tutto il territorio, in contesti sia rurali sia cittadini.

La tipologia varia a seconda dei periodi storici. Nell'età prenuragica si segnalano casi unici come il grandioso tempio-altare di Monte d'Accoddi; le tombe a circolo e le grotticelle funerarie dette "domus de janas" (letteralmente: case delle fate, della tradizione popolare); i monumenti megalitici come i dolmen e i menhir, che testimoniano forme culturali comuni all'Europa preistorica.

L'ingresso della Sardegna nell'età nuragica segna la comparsa di nuovi tipi edilizi, come protonuraghi, e soprattutto il monumento-simbolo: il nuraghe, talvolta circondato dal villaggio. Ai nuraghi si aggiungono templi, santuari e strutture funerarie come le tombe di giganti.
La frequentazione delle coste sarde da parte dei Fenici, e la colonizzazione punica poi, determineranno la nascita dei centri urbani e conseguentemente nuove tipologie monumentali, come i tofet (cimiteri per la sepoltura dei fanciulli).

La conquista romana introduce anche in Sardegna nuove tipologie di edifici, che rappresentano la tipica espressione del potere di Roma, la cui cultura potrebbe essere legittimamente definita globalizzante "ante litteram". I principali centri dell'isola romanizzata, soprattutto le grandi città costiere di Cagliari, Nora, Sant'Antioco, Tharros e Porto Torres, comprendono terme, acquedotti, ponti, teatri e anfiteatri.

La crisi dell'impero e la cristianizzazione determinano anche in Sardegna l'introduzione di nuove tipologie architettoniche: le prime chiese cristiane, le chiese bizantine a pianta cruciforme cupolata. Dal tessuto storico di cultura bizantina si passa, superata la soglia del Mille, ai nuovi assetti della Sardegna giudicale, con la grandiosa fioritura delle chiese romaniche.
A queste si sostituiranno o si accompagneranno, nei secoli, quelle gotico-italiane, gotico-catalane, manieriste, barocche e tardobarocche, neoclassiche, fino alle architettura del dopoguerra.
In parallelo si assiste alla costruzione di castelli, case e palazzi dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica.

Sempre nel campo dell'architettura civile si annoverano strutture militari come le torri costiere, finalizzate alla difesa dell'isola dalle incursioni barbaresche.
L'età compresa fra l'Unità d'Italia e la ricostruzione dopo il secondo conflitto mondiale è caratterizzata dall'allineamento sempre più marcato dell'architettura isolana alle tendenze internazionali, con risultati che vanno dagli edifici storicismi del primo Novecento a quelli razionalisti del regime fascista, alle realizzazioni di alcuni dei più significativi architetti contemporanei.

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Abito femminile di gala di Ittiri

L’abito femminile tradizionale di Ittiri (Sassari) destinato alle occasioni di gala è uno dei più ricchi e preziosi dell’Isola. Contribuiscono a caratterizzarlo le dimensioni e l’abbondanza di gioielli che lo corredano. L’esemplare ritratto nella galleria fotografica risale alla prima metà del XX secolo ed è custodito presso il Museo del Costume di Nuoro. Il copricapo è costituito da una cuffia a sacco (iscùfia) in raso bianco ricamata a motivi floreali e ulteriormente impreziosita dall’applicazione di ulteriori elementi decorativi (nappine colorate e lustrini argentati). Sopra questo primo copricapo viene apposto un velo (tullu o velu) di tulle bianco ricamato, analogo al grembiule (pannellu ’e tullu). Sopra la camicia bianca, in tela di cotone, una pettina di tulle (petiera). La camicia è chiusa nello scollo da una coppia di gemelli in filigrana d’oro con castone centrale in lamina d’oro con rubino. Il bolerino (coritu), in velluto di seta viola, è guarnito lungo le cuciture e attorno alle asole con ricami in filo di seta di vari colori. Nelle maniche è appesa sa buttonera: una fila di dieci grossi bottoni  in filigrana d’argento (ma che potevano essere anche d’oro, a seconda delle possibilità economiche della donna, chiusi da un lungo gancio e barretta a T. Questa tipologia di bottone, con calotte semisferiche leggermente schiacciate, è denominata “a melagrana”. Sotto su coritu si trova un bustino rigido di raso ricamato con fili di seta e canutiglia dorata, guarnito da lustrini. Dotato di chiusura laterale, è sostenuto da una serie di stecche di palma cucite una per una. Secondo la tipologia spettante alle donne più abbienti, la gonna è di panno rosso, decorata in basso da due strisce di passamaneria, tra le quali è racchiusa una balza bianca a ricami floreali policromi. Dal rosso, colore dominante della gonna, prende nome l’intero abito (su estire rùju). Fissato a un collarino in velluto nero pende un medaglione in lamina d’oro. Spicca una collana a grossi vaghi di corallo, stesso materiale di cui è fatto il pendente a goccia degli orecchini. A completare il corredo di gioielli una catena d’oro con passante scorrevole, disposta sul petto a formare una M tramite l’ausilio di spille, anch’esse in lamina d’oro.

Leggi tutto Leggi tutto L’abito femminile tradizionale di Ittiri (Sassari) destinato alle occasioni di gala è uno dei più ricchi e preziosi dell’Isola. Contribuiscono a caratterizzarlo le dimensioni e l’abbondanza di gioielli che lo corredano. L’esemplare ritratto nella galleria fotografica risale alla prima metà del XX secolo ed è custodito presso il Museo del Costume di Nuoro. Il copricapo è costituito da una cuffia a sacco (iscùfia) in raso bianco ricamata a motivi floreali e ulteriormente impreziosita dall’applicazione di ulteriori elementi decorativi (nappine colorate e lustrini argentati). Sopra questo primo copricapo viene apposto un velo (tullu o velu) di tulle bianco ricamato, analogo al grembiule (pannellu ’e tullu). Sopra la camicia bianca, in tela di cotone, una pettina di tulle (petiera). La camicia è chiusa nello scollo da una coppia di gemelli in filigrana d’oro con castone centrale in lamina d’oro con rubino. Il bolerino (coritu), in velluto di seta viola, è guarnito lungo le cuciture e attorno alle asole con ricami in filo di seta di vari colori. Nelle maniche è appesa sa buttonera: una fila di dieci grossi bottoni  in filigrana d’argento (ma che potevano essere anche d’oro, a seconda delle possibilità economiche della donna, chiusi da un lungo gancio e barretta a T. Questa tipologia di bottone, con calotte semisferiche leggermente schiacciate, è denominata “a melagrana”. Sotto su coritu si trova un bustino rigido di raso ricamato con fili di seta e canutiglia dorata, guarnito da lustrini. Dotato di chiusura laterale, è sostenuto da una serie di stecche di palma cucite una per una. Secondo la tipologia spettante alle donne più abbienti, la gonna è di panno rosso, decorata in basso da due strisce di passamaneria, tra le quali è racchiusa una balza bianca a ricami floreali policromi. Dal rosso, colore dominante della gonna, prende nome l’intero abito (su estire rùju). Fissato a un collarino in velluto nero pende un medaglione in lamina d’oro. Spicca una collana a grossi vaghi di corallo, stesso materiale di cui è fatto il pendente a goccia degli orecchini. A completare il corredo di gioielli una catena d’oro con passante scorrevole, disposta sul petto a formare una M tramite l’ausilio di spille, anch’esse in lamina d’oro.

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